XYZ 2017 - La lista dei partecipanti selezionati

Partecipanti selezionati per XYZ 2017

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X

Y

Saverio Pertosa

Foggia, Pisa

Voglio partecipare al laboratorio XYZ-2017 perché credo fortemente nei principi alla base della Scuola Open Source. Nonostante un curriculum a prima vista fortemente “accademico”, ho sempre prediletto un approccio bottom-up per la conoscenza e lla cultura. Da sempre nutro due grandi interessi, il business e la politica, e credo che il modo migliore per costruirsi uno spazio che sia all'intersezione tra i due sia coltivando la passione per l'innovazione e l'approccio auto-imprenditoriale. Dal mio punto di vista essere imprenditori in Italia ha uno scopo che trascende il semplice “fare impresa”: vuol dire cambiare l’Italia, dandole una direzione che ad oggi non c’è. Questo non è facile, perché c’è bisogno di grande professionalità e serietà per poter immaginare che l’Italia possa trasformarsi dal paese delle occasioni perdute alla terra delle promesse mantenute. Nel recente passato ho avuto una piccola esperienza imprenditoriale, con la costituzione di JEBE Sant’Anna, un’associazione no-profit in cui gli Allievi del mio ateneo offrono servizi consulenza manageriale e ingegneristica, di cui sono stato consigliere d’amministrazione nel ruolo di tesoriere. L'associazione ha vinto il premio come migliore Junior Initiative italiana nel 2017. Mentre l’interesse per la politica mi ha spinto a fare domanda per la Scuola di Politiche, un think-tank apartitico e aideologico fondato da Enrico Letta e Marco Meloni, con l’obiettivo di insegnare la politica come “passione per il bene comune” (passione che ho cercato di esternare nelle mie due esperienze di rappresentanza degli Allievi della Scuola Superiore Sant’Anna). Nel lungo periodo, mi piacerebbe riuscire ad applicare in contesti politici il tool-kit e le capacità di problem-solving imprenditoriali che sto cercando di sviluppare. Inoltre, con alcuni amici, studenti di economia, ingegneria e giurisprudenza, sto iniziando a gettare le basi di un progetto imprenditoriale fortemente impiantato su una solida etica hacker (una piattaforma di crowdsourcing per rendere più liquido il mercato della consulenza giuridica) sul quale mi piacerebbe avere modo di confrontarmi nei momenti di informalità con gli altri studenti, con la faculty e con i fondatori.

Jacopo Cardinali

Terni

“La semplicità ci ingiunge di scegliere uno dei due sistemi di riferimento: ordine/organizzazione o disordine. Ma la complessità non ci dimostra forse che, soprattutto, non bisogna scegliere?" Edgar Morin Vorrei partire dalla complessità: Il primo approccio con la complessità l'ho avuto quando ho iniziato a studiare Disegno Industriale presso l'ISIA Roma. Qui ho iniziato a sentir parlare di "pensiero circolare", network, Sistema e Sistemica, condivisione, co-progettazione. Da sempre ho preferito raggiungere obiettivi co-partecipati, privilegiando il lavoro di squadra al singolo. Questa tendenza all'aggregamento mi ha caratterizzato dallo sport (rugby) alla formazione, a quello che sogniamo potrà essere il nostro lavoro futuro. Parlo di Nostro e non di Mio perchè da circa 8/9 mesi sta nascendo e provando a prendere forma un Team Creativo di Progettazione chiamato INSOLITO. Come cita la prima parte del nostro manifesto: "Un gruppo di fermento creativo, giovane, libero e democratico. Rete di menti in costante osservazione, permeabile agli stimoli del nuovo. Opposti ma necessari, gli spiriti insoliti arrivano alla giusta soluzione nella ricerca della giusta armonia tra pensieri dissonanti. Il progetto Insolito è interazione, scambio, sintesi tra contrasto ed armonia. Il percorso è imprevedibile, l'esito Insolito." Il progetto Insolito nasce due anni fa, durante il secondo anno di ISIA, con la realizzazione di un progetto di allestimento per la Fiera HOMI di Milano, in cui mi era stato richiesto di mettere in piedi su un team per realizzare un tavolo espositivo che parlasse di cibo e territorio. Mi son detto: "Siamo pronti." La risposta nacque dalla totale consapevolezza e fiducia che avevo in tutte quelle persone che da un paio d'anni a quella parte avevo conosciuto. Da tempo mi viene riconosciuto da chi mi circonda il ruolo di trascinatore di folle. Penso che questo ruolo sia di chiunque riesca a sognare un qualcosa di differente da quello che già sta vivendo in quel momento, non perchè reputato corretto o sbagliato, per il semplice fatto che la tendenza al progresso va affrontata attivamente e non subita. Chi subisce passivamente chiude. Chi reagisce apre. Sono sempre stato spinto a convincere le persone che mi circondano che il possibile è la soluzione. Non il certo. Lo scorso anno insieme ad un mio collega di ISIA abbiamo sentito la necessità di proporre un nuovo indirizzo specialistico in Comunicazione per dare nuove possibilità agli studenti e all'Istituto stesso. La semplice presentazione di un progetto fattibile e che avesse solo che potenzialità positive per l'istituto, ha reso possibile la realizzazione dello stesso, inserendo nuove figure professionali, nuovi sbocchi formativi, nuove forme di comunicazione nell'istituzione stessa. Partecipare al vostro Workshop per me sarebbe l'ennesima occasione e opportunità di avere stimoli esterni necessari alla crescita. Seguo il vostro progetto della Scuola Open Source da circa due anni, essendone venuto a conoscenza tramite un docente prima, un amico ora, salentino, che si occupa di Progettazione Sostenibile (Laboratorio Linfa) con il quale ho avuto il piacere di condividere diversi workshop per la rigenerazione di una vecchia e abbandonata colonia nel Comune di Gallipoli. Affascinato dalle fantasiose figure che "state cercando" credo di riconoscermi in una molteplicità di quelle, per non dire quanto mi incuriosiscono quelle in cui non mi riconosco.

Z

Daniele Stillavato

Bari

1. È tutto iniziato in agosto, dopo ore di esercizi, nello spazio bianco di una scuola di ballo che ci ospitava. Il campo teatrale era al termine e con Valeria ci chiedevamo come trovare i soldi per la scenografia. Fortunatamente per il teatro, non recito più. Ho iniziato però a capire come poter fare le cose quando attorno apparentemente non hai niente. 2. Nella mia esperienza professionale ho lavorato in realtà culturali in contesti locali ed internazionali. Generalmente ho ricoperto il ruolo di responsabile economico, sperimentandomi anche come direttore di galleria. La gestione della complessità amministrativa e relazionale di una rete internazionale come la BJCEM (61 membri da 25 nazioni) ha fatto emergere evidentemente i limiti e la stanchezza del progetto, ma soprattutto mi ha insegnato come il cambiamento, l’apertura e l’innovazione non sono di per sé percepite come qualità positive. In un contesto totalmente diverso, un cinema di comunità come il Deptford Cinema, non era neanche importante sapere chi fosse il rappresentante legale, tutto era fluido. 3. Bourdieau parlava della cultura come religione del nostro tempo, quindi sacralizzata e sclerotizzata nel cambiamento. Nell’estetica del creativo e nella riproposizione del mantra degli start-upper, con i dovuti adattamenti possiamo vedere segni di questa sacralizzazione. A questo aggiungiamo che le cosiddette Creative Industries hanno fra gli indici peggiori di parità di genere, sono affette da scarsa meritocrazia ed hanno forme estese di precarizzazione e flessibilità lavorativa. 4. Dove voglio arrivare? Devi conoscere bene ciò che vuoi cambiare ...o forse no, la serendipità a volte è più forte, ma questo non è il luogo per questa discussione. Concludendo, trovo il processo avviato dalla SOS molto interessante e credo di poter dare un contributo. Spero di non aver annoiato.

Giusy Dinardo

Santeramo in Colle

La mia tesi di laurea verte sulle ricadute cognitive della comunicazione iperconnessa, nel mio lavoro esploro i cambiamenti e le conseguenze che l’uso delle tecnologie, della comunicazione in particolare, sta avendo sul modo in cui conosciamo e ci approcciamo al mondo. I pareri delle menti più autorevoli sono diversificate e discordanti, il fine della mia ricerca è mettere in luce i processi trasformativi in corso su diversi livelli, dal neurofisiologico alle abitudini quotidiane, in cui non manca un breve excursus storico, al fine di acquisirne consapevolezza. Credo sia dovere dei teorici del pensiero approfondire, lavorare e monitorare queste dinamiche ancora tutte da esplorare, decodificare e capire come regolare affinché l’innovazione tecnologica sia motore creativo del pensiero piuttosto che livellatore omologante delle nostre funzioni cognitive. Credo che il progetto SOS attraverso la non linearità, la co-progettazione, la contaminazione e l’apertura radicale a partire dalle fondamenta della scuola stessa stia esplorando e portando alla luce le enormi potenzialità del presente, una sfida che al momento non prevede la possibilità di non esser accettata. Partecipare a questo laboratorio mi permetterebbe di esperire la connettività dispiegata con un certo grado di consapevolezza al fine di generare, al contrario della connettività inconsapevole e quasi passiva (presente nel nostro quotidiano) che ci rende solo fruitori e consumatori sia come individui che come comunità. Credo che sia importante e necessario, ad un certo punto, far confluire la ricerca teorica nei diversi processi concreti e possibili affinché s’instauri una solida e fruttuosa alimentazione reciproca tra prassi e teoria. Mi piacerebbe avvalorare la mia ricerca accademica e al contempo farla confluire nelle dinamiche culturali ad essa connessa.

Viola Petrella

Pavia

Innanzitutto condivido la logica secondo cui, se vuoi una scuola, puoi progettartela, e questa operazione è essa stessa didattica. Credo sia adatta anche a contesti più istituzionali senza perdere la connotazione di “apertura” a tutti e nel tempo. Con l’associazione Atelier Città, di cui sono co-fondatrice, ho avviato a Pavia “La scuola dopo la scuola”, una sperimentazione con degli studenti di 17 anni per co-progettare spazi e servizi scolastici fuori dall’orario della didattica. Questo avveniva nel liceo da cui sono uscita 7 anni fa, e in questi anni non è cambiato nulla - né l’entusiasmo degli studenti per l’azione diretta sulla propria scuola, né l’intransigente rigidità dell’offerta formativa e dei formatori. Forse è tempo di sviluppare modelli nuovi, forse sono “solo” un’utopista rivoluzionaria, fatto sta che mi piacerebbe portare la mia esperienza alla SOS e arricchirla con quella degli altri. Scrivo questa lettera motivazionale al termine di un workshop sulla gestione dei conflitti interni alle organizzazioni non profit. Un intero fine settimana passato a fare finta di arrabbiarmi, di moderare, di difendermi per scopi didattici. Ho imparato due cose: la prima è che essere degli “artigiani dell’errore” è difficile, ma che “sbagliando a sbagliare” si impara, ci si diverte, e chiedere scusa è più semplice. La seconda è che la finzione di un conflitto è uno strumento utile per risolvere un conflitto vero, che possiamo costruire prototipi di relazioni umane (più complessi di un touch-point) e poi testarli, cercare i bug. Il dialogo, il conflitto e l’esperienza per gestirli sono la cosa più open source che c’è e bisognerebbe farne pratica il più possibile, soprattutto per il loro potenziale generativo. Sempre con Atelier Città e altre organizzazioni partner abbiamo avviato un dialogo con la pubblica amministrazione per il recupero di uno spazio di 1500 metri quadri nel pieno centro di Pavia. Il nostro sogno è di farne un hub di produzione e diffusione artistica e artigianale attraverso la tecnologia digitale, rivolto a cittadini di tutte le età e soprattutto ai giovani che, una volta finita l’università, lasciano la città per cercare opportunità altrove. Voglio partecipare alla SOS perché sono in cerca di definizioni efficaci, di modelli aperti e virtuosi, di collaborazioni fruttuose, di consigli saggi e di critiche giuste e severe. Offro in cambio entusiasmo e un’esperienza simile (più giovane) in un contesto completamente diverso.

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