Cosa fai per lavoro?
Formalmente la coordinatrice di alcuni dei progetti che si svolgono alle Manifatture Knos. Nella pratica cerco ogni giorno di rendermi utile in qualsiasi modo per sostenere un luogo indipendente dove le persone sono libere di autogestirsi, dove lo spazio e le idee sono in continua rigenerazione.
Cosa vorresti fare per lavoro?
Esplorare spazi e capire quali relazioni li attraversano, mettere in circolo saperi e conoscenze che possano aiutarci a relazionarci meglio con tutto ciò che ci circonda nella nostra quotidianità. Un tempo avrei detto che mi sarebbe piaciuto progettare allestimenti di mostre, ora mi sembra troppo limitante.
Mi piacerebbe che quello che faccio per lavoro possa mettere gli altri nella condizione di agire e di essere felici nel farlo.
Perché fai ciò che fai?
Lavorare in un luogo come le Manifatture Knos per me significa reinventarsi continuamente e allo stesso tempo seminare idee, azioni, attitudini che possano renderci meno “io” e più “noi”. È difficile ma è allo stesso tempo incoraggiante sapere che esistano luoghi in cui poterci provare.
Secondo te come si trasforma uno spazio fisico in un luogo?
Attribuendogli/riconoscendogli dei significati che lo connotino e che ci portino ad averne cura. Riconoscendo il suo genius loci, scavando nei suoi nascondigli per coglierne l’essenza. Sperimentando nuovi usi e aprendo a nuove possibilità.
Ci fai almeno 3 esempi di trasformazioni Spazio/Luogo che hanno avuto un buon esito?
La domus pompeiana - VIII secolo a.C.- 79 d.C.
Nella domus pompeiana sono tuttora riconoscibili la qualità abitativa degli spazi interni e la presenza di dettagli che la definiscono come luogo e non semplicemente come spazio adibito a determinate funzioni. Le suppellettili, gli ornamenti, gli affreschi e la conformazione stessa degli spazi la connotano come luogo spirituale in cui gli oggetti comuni sono protagonisti di cerimonie e rituali domestici. La sacralità dei simboli che rimandano al benessere, all’approvvigionamento del cibo, alla protezione del focolare domestico, alla prosperità, alla fertilità, caratterizza questi luoghi e ne definisce l’essenza.
Fun Palace - 1961
Progetto dell’architetto Cedric Price, mai realizzato, che ha ispirato la generazione di architetti negli anni a seguire (es. Centre Pompidou, Parigi). Pensato come un teatro in cui scompare il confine tra azione e spettatore, dove lo spazio si può configurare a seconda delle esigenze, è l’espressione di un pensiero politico in cui il tempo libero viene finalmente inteso come il tempo dell’emancipazione dell’individuo.
Un luogo interattivo che diventa uno spazio sempre nuovo e differente, che mette i suoi partecipanti nella condizione di essere liberi e pro-attivi rispetto allo spazio.
Burning Man - USA - dal 1991
Una distesa salata nello stato del Nevada che si trasforma per soli otto giorni all’anno in una città effimera in grado di ospitare 60000 persone. Un esperimento di comunità fatto di rituali, di esibizioni, installazioni artistiche, performance. Uno spazio deserto che diventa temporaneamente un luogo di socialità ogni anno, per pochi giorni. Il festival è guidato da un’organizzazione non profit che fa riferimento ad un network di artisti e altre organizzazioni. La costruzione del festival si basa sul principio del dono, non solo di denaro, ma anche di lavoro, di opere d’arte e qualunque altra forma.
Parc André-Citroën, Parigi - dal 1992
Il sito della fabbrica automobilistica Citroën, in seguito ad un concorso, viene trasformato in un parco, grazie al contributo dell’architetto Patrick Berger e del paesaggista Gilles Clément. Il concorso di per sé prevedeva che gli architetti dovessero collaborare con paesaggisti, al fine di avere un’impostazione sia architettonica che paesaggistica. All’area residenziale venne associata la realizzazione del primo giardino in movimento , in cui la presenza del giardiniere consiste nell’assecondare la natura e preservare la spontaneità, facendo il più possibile a favore e il meno possibile contro. Accogliendo tutte le specie portate dagli agenti naturali, il giardino in movimento diventa il luogo della biodiversità, dove è possibile comprendere e rispettare i comportamenti e le logiche del mondo vivente.
Torre David, Caracas - 2007/2014
Un grattacielo progettato come centro finanziario, e rimasto incompiuto ( mancavano ascensori, impianti elettrici, acqua corrente, infissi ai balconi e alle finestre e in molte parti anche i muri divisori) , che diventa un luogo abitativo per 2500 senzatetto che l’hanno completato e abitato. Il caso ha attirato l’attenzione di artisti e architetti, e ha orientato il dibattito internazionale verso la crisi della modernità. L’edificio incompiuto ha mutato radicalmente la funzione per cui era stato progettato, diventando l’emblema della carenza abitativa nelle grandi metropoli. Urban Think-Tank l’ha trasformato in un laboratorio di studio dell’informale che guarda a questi fenomeni come organismi che si modellano in relazione alle comunità che li abitano e che possono fornire gli elementi utili alla costruzione di soluzioni abitative più idonee a determinate problematiche sociali. L’edificio è stato successivamente sgomberato ma l’eco generata ha alimentato il dibattito internazionale verso uno sviluppo più “umano” delle grandi metropoli.
Cosa pensi dell'interconnessione tra i centri di produzione culturale indipendenti in italia?
Consentirebbe di poter avere un maggior confronto rispetto alla gestione, al rapporto con le istituzioni e con le comunità, oltre che condividere soluzioni alternative per migliorare le condizioni attuali e favorire la diffusione di nuovi luoghi di produzione indipendente.
Quali sono stati i momenti più bui nel tuo lavoro e perché?
Sono i momenti della frustrazione, quelli in cui non riesco a dedicare il tempo e le cure dovute ai progetti che lo richiederebbero perché ci sono altre priorità (burocrazia, logistica, imprevisti...).
Quali sono stati i momenti più belli nel tuo lavoro e perché?
Quelli in cui ho l’opportunità di aprire nuove strade che possono generare nuovi scenari e offrire nuove possibilità. Per quella che è la mia esperienza questo succede spesso quando si lavora con i più giovani.
Cosa è per te l'open source?
È un approccio aperto basato sulla cooperazione. Mi viene in mente la citazione di Lao Tse che apre uno dei più grandi libri di Munari : “Produzione senza appropriazione. Azione senza imposizione di sé. Sviluppo senza sopraffazione.” Ecco, l’open source dovrebbe portare a questo.
Quali implicazioni sociali e politiche ha per te l'open source?
Incoraggia la cooperazione, socializza i saperi e le conoscenze, crea senso di comunità, ci libera dalla competitività e dall’autoreferenzialità.
Cose che vorresti che la scuola avesse/facesse/innescasse?
Che avesse assistenti al posto degli insegnanti, persone che suggeriscono percorsi, che indicano nuove vie ma che lasciano liberi spazi di azione e di invenzione e che educhino all'autogestione.
Che avesse collaboratori al posto degli studenti, persone proattive rispetto a ciò che si apprende quotidianamente.
Che guardasse alla formazione come pratica di libertà.
Le 3 cose che vorresti cancellare dalla scuola?
I voti - Per annullare la competitività, il merito, l’autoreferenzialità e creare le basi per un approccio più collaborativo tra gli studenti.
I muri - Penso che la qualità degli spazi sia fondamentale per mettere le persone nella condizione di poter studiare, approfondire, sperimentare le proprie conoscenze con un approccio più aperto e collaborativo. Uno spazio dinamico e flessibile è sicuramente più stimolante di una stanza chiusa da quattro muri, con limitata libertà di azione e di movimento. La scuola dovrebbe essere uno spazio aperto verso la città, che guarda alla città come luogo di formazione.
I bidelli - Prendersi cura degli spazi comuni dovrebbe essere compito di tutti e non solo dei pochi addetti ai lavori. Questo dovrebbe sensibilizzare al rispetto dei luoghi pubblici, delle strade, degli spazi comuni, di ciò che non è di nostra esclusiva-proprietà.
Cosa ti piacerebbe apprendere nei prossimi 12 mesi? e perché?
Vorrei imparare a riconoscere le piante spontanee e i benefici che apportano. Vorrei imparare l’arte della calligrafia, questo in realtà da un po’ di anni, ma non ci ho ancora creduto abbastanza. Vorrei conoscere da vicino altre realtà che si occupano di formazione unendo azione pratica e ricerca, che utilizzano lo spazio comune come spazio di azione e che interagiscono con le comunità. Non è molto diverso da quello che succede alle Manifatture Knos, ma penso che dallo scambio di esperienze possiamo uscirne tutti più arricchiti.
Tra associazioni, cooperative e società, i soggetti protagonisti della produzione culturale indipendenti sono molteplici e variegati sia per dinamiche di distribuzione del lavoro che di monetarizzazione dello stesso, alcuni soggetti hanno dipendenti, in altri sono tutti soci, in alcuni i soci hanno tutti lo stesso peso, in altri ciascuno ha un suo peso specifico. Cosa ne pensi? come è organizzata la tua realtà e come credi che sarebbe ottimale che un soggetto che i occupa di produzione culturale fosse organizzato?
Le Manifatture Knos sono formalmente gestite da un'associazione culturale che riesce ad avere dei dipendenti e cerca di allargare sempre più il suo organico. Collabora inoltre con diverse organizzazioni che utilizzano lo spazio auto-gestendo laboratori e attività di vario genere, nati da progetti sperimentali e aperti (ciclofficina, sartoria, fablab, bar, scuola dell'equilibrio). Al di là della formula associativa, l'idea che regge le Manifatture Knos è quella di avere una gestione invisibile che garantisca il funzionamento dello spazio e che lasci libertà di gestione e autonomia a chiunque voglia utilizzarlo con finalità sociali, pedagogiche, artistiche. Alle Manifatture Knos “chi propone fa” e su questa semplice regola si apre lo spazio a chi vuole attivarsi concretamente nel realizzare la propria idea.
Non ha un "business plan", o meglio, dall'analisi che si sta portando avanti con i tutor del progetto europeo Creative Lenses, ne è emerso che si tratta di un modello di gestione "organico", che si adatta continuamente ai cambiamenti in atto, lasciando spazio alla spontaneità e, come direbbe Gilles Clément, dando dignità politica all'indecisione, vale a dire agire il minimo indispensabile per permettere la maggiore diversità possibile.