Alcuni giorni fa mi è capitato di riprendere in mano a distanza di anni dalla prima lettura un libro che per me è stato molto importante: "L'Etica Hacker e lo spirito dell'età dell'informazione" di Pekka Himanen.
Come capita spesso quando si tratta di libri che mi hanno segnato profondamente, non ho resistito alla tentazione di riprenderlo in mano, annusarlo, sfogliarlo e ricominciare a leggerlo.
La mia prima lettura, solitamente, è sempre lineare. Un po' come se mi lasciassi guidare dall'autore all'interno del discorso. Le letture successive, invece, sono caratterizzate da un andamento non lineare.
Mi capita spesso di rileggere più volte gli stessi passi. Cercare delle chiavi di lettura. Fermarmi per approfondire. Segnare degli appunti o sfogliare compulsivamente il libro alla ricerca di un altro passo che mi serve collegare a qualcosa che mi frulla in mente. Questa volta, però, mi sono letteralmente congelato, perché mentre sfogliavo e annusavo il libro, sono finito davanti a un breve capitolo che non ricordavo, ma che subito, fin dal suo titolo, ha catturato la mia attenzione: "L'Accademia e il Monastero".
Si tratta di dieci pagine che si leggono molto rapidamente la prima volta, alle quali probabilmente non diedi molto peso all'epoca della mia prima lettura, ma che oggi, a distanza di anni, ho capito che mi hanno influenzato profondamente. In un modo che non potevo immaginare quando le lessi la prima volta. Ecco, quindi, svelato il motivo di queste righe. Voglio condividere con voi alcuni spunti di riflessione che mi sono capitati tra le mani rileggendo queste parole, sopratutto in relazione al progetto che stiamo portando avanti (La Scuola Open Source) e all'imminente laboratorio di ricerca e co-progettazione XYZ che si terrà a Bari dal 18 al 30 luglio.
Innanzi tutto il primo tema:
L'Apertura
Qui l'autore ci parla di Linus Torvalds e della sua idea di creare un sistema operativo gratuito e aperto (quello che poi chiameremo LINUX). Torvalds era uno studente dell'università di Helsinki e aveva avuto modo di conoscere il professor Andrew Tanenbaum, che aveva progettato Minix, un sistema operativo molto simile a quello che poi avremmo conosciuto come UNIX. Il 25 agosto del 1991 Torvalds postò in rete un messaggio: "Cosa ti piacerebbe vedere in più in Minix?" annunciando che stava sviluppando un sistema operativo free. In risposta ricevette diverse idee e perfino proposte di collaborazione. Era la nascita di un movimento che negli anni successivi avrebbe portato allo sviluppo di una comunità globale che si sarebbe radunata attorno al progetto.
Le caratteristiche di questo processo, secondo Pekka Himanen, sono le seguenti:
- il lavoro veniva diviso in moduli indipendenti, sviluppati da gruppi di persone diverse, che erano in competizione tra di loro (rispetto ai singoli moduli) pur cooperando (rispetto all'intero processo di sviluppo);
- al gruppo iniziale, guidato da Torvalds, non era garantita nessuna posizione permanente di autorità. Il gruppo conserva la sua autorità solamente fintanto che le scelte che prende sono coerenti con i valori e la volontà della comunità che si è radunata attorno al processo/progetto. Se il gruppo "guida" dovesse venire meno ai principi di apertura e condivisione, la comunità lo bypasserebbe, andando avanti per proprio conto;
- il lavoro dei vari gruppi viene organizzato con un sistema di "release" basato sulla seguente struttura X.Y.Z, dove c'è sempre una versione "stabile" (ad es: 1.0.0) e una versione in sviluppo (ad es: 1.1.0). La X cresce solo quando c'è un'innovazione sostanziale o viene apportato un cambiamento sostanziale;
- la grande innovazione di linux non è il sistema operativo, ma la dinamica sociale aperta che è stata attuata per realizzare il progetto (come emerge nel saggio The Cathedral and the Bazaar di Raymond.
Semplificando, potremmo dire che tutto inizia così: c'è un problema che qualcuno reputa significativo. Potrebbe essere messo in circolo solo il problema, o l'obiettivo… ma il più delle volte viene condivisa anche una prima ipotesi di soluzione. La versione 0.1.1 (per usare il sistema X.Y.Z di LINUX). Nel modello aperto qualsiasi persona ha il diritto di usare, testare e sviluppare ulteriormente questa soluzione. Ciò è possibile se assieme al problema e alla soluzione vengono forniti e diffusi anche i sorgenti. Nel modello "open source" il rilascio di questi dati implica due cose:
- che ogni versione "migliorata" (ad es la 0.1.2) che verrà sviluppata a partire dalla prima versione (0.1.1) dovrà rilasciare i sorgenti esattamente come la precedente;
- chi vi ha contribuito dovrà sempre essere citato ogni volta che una delle versioni viene condivisa e diffusa.
"L'Accademia e il Monastero"
A questo punto l'autore torna sul titolo del capitolo, affrontando il tema con un'analogia. Ci parla del modello dell'Accademia in contrapposizione a quello del Monastero.
Per Pekka Himanen l'accademia, ancora più del Bazaar, incarna i valori fondanti della cultura open source e dell'etica hacker:
- gli scienziati mettono a disposizione il proprio lavoro affinché altri possano usarlo per portarlo avanti sviluppandolo ulteriormente;
- la ricerca è basata sull'idea di un processo aperto e autoregolato (questa, come dice Robert Merton, rappresenta una pietra miliare dell'etica scientifica);
- nelle accademie regna una sorta di "scetticismo sistematico" che è la prosecuzione della Synousia delle accademia Platonica, che prevedeva l'avvicinamento alla "Verità" attraverso il dialogo critico;
- l'etica scientifica prevede che le teorie vengano costruite collettivamente e i loro difetti percepiti e gradualmente eliminati attraverso una critica costante e iterativa da parte dell'intera comunità scientifica.
La ragione per cui il modello "open source" o "hacker" funziona così bene è da ricercarsi nel fatto che oltre a realizzare le proprie passioni tramite il riconoscimento derivante dal riconoscimento tra pari, come avviene per gli scienziati, questo modello (così simile all'accademia) risulta essere ideale per la creazione di informazioni.
L'etica accademica implica che chiunque ha facoltà di usare, testare e sviluppare le teorie elaborate fino a quel momento. Più importanti di un qualsiasi risultato finale (che in realtà come dice K.Lynch non c'è) sono la catena di conversazioni e interazioni che ha prodotto il risultato finale (fino a quel momento).
In altre parole, Albert Einstein ha potuto descrivere la Relatività perché c'erano stati Michael Faraday, Antoine-Laurent de Lavoisier, i Pitagorici, e via dicendo.
Ma anche l'etica scientifica, come quella hacker, comporta due cose importantissime:
- le fonti vanno sempre citate (il plagio è aborrito);
- le nuove soluzioni non vanno tenute segrete, ma condivise a beneficio della comunità.
Questo produce un modello di sapere incrementale e iterativo, grazie al quale siamo in grado di progredire. Ad oggi ci sono stati, come dice Pekka Himanen, molti avanzamenti significativi (parliamo della Y nel modello di avanzamento X.Y.Z) ma solo 3 o 4 mutamenti di paradigma (parliamo della X nel modello di avanzamento X.Y.Z): la fisica aristotelico-tolemaica, quella newtoniana, la fisica quantistica, e ora si ipotizza il prossimo, "La Teoria del Tutto".
Ecco, qui c'è una differenza tra l'etica scientifica e quella hacker. Gli hacker non avrebbero azzardato l'ipotesi della Teoria del Tutto, non avrebbero cercato l'avanzamento della X così spasmodicamente.
Il modello hacker
Il "tipico" processo di apprendimento hacker ha inizio con l'individuazione di un problema interessante, quindi lavora per risolverlo usando fonti diverse, e poi sottomettendo la soluzione a test prolungati. Molto spesso si tratta di percorsi non lineari guidati più dalle proprie passioni che da un metodo formalizzato. È stato verificato come sia ricorsivo l'utilizzo del "reverse engineering" ad esempio. Un'altra delle caratteristiche di questo modello è che non ci si vergogna mai di chiedere aiuto a chi ne sa di più. La disintermediazione, anzi, ci permette di trasmettere la conoscenza in modo più intelligente, perché chi più sa trasmetterà a coloro che saranno arrivati a un livello tale da sviluppare quella richiesta di conoscenza rara (e non a chiunque), mentre la maggior parte dei nodi della rete, in possesso di informazioni meno rare, creerà l'humus nel quale, attraverso lo scambio continuo e reciproco, potrà svilupparsi più rapidamente una sostanziale qualità delle informazioni, oltre che una coscienza collettiva. Il punto di forza del modello di apprendimento hacker è che chiunque impara qualcosa poi lo insegna ad altri. Quando un hacker studia un codice sorgente di un programma, spesso lo sviluppa ulteriormente, in modo che altre persone possano apprendere da questo lavoro. Intorno ai vari problemi si sviluppa una costante e continua conversazione a più voci. Una discussione critica, iterativa e evolutiva. La ricompensa per la partecipazione a questo processo è il riconoscimento tra pari.
Questo modello è definito da Pekka Himanen "L'Accademia della Rete".
Un ambiente di apprendimento in continua evoluzione creato dagli stessi hacker.
Un modello che presenta molti vantaggi. In questo modello, gli insegnanti o assemblatori di fonti di informazione sono spesso quelli che hanno appena imparato qualcosa. E ciò è utile, perché sovente qualcuno da poco impegnato nello studio di un argomento ha maggiori possibilità di insegnarlo ad altri, rispetto all'esperto che non ne ha più familiarità quotidiana e ha, in un certo senso, perso la padronanza dei meccanismi di pensiero dei neofiti. Per un esperto, immedesimarsi con chi sta imparando qualcosa richiede livelli di semplificazione ai quali spesso resiste per motivi intellettuali. E non necessariamente l'esperto può trovare soddisfacente insegnare i contetti base. Al contrario, uno studente potrebbe ritenerla un'attività estremamente gratificante, dal momento che, di regola, non gode della posizione di istruttore e di solito non gli vengono offerte sufficienti opportunità di usare il proprio talento.
Ancora una volta questo modello hacker assomiglia all'Accademia di Platone dove gli studenti non venivano considerati obiettivi nel processo di trasmissione della conoscenza (come vasi da riempire), bensì compagni di studio nel processo di apprendimento continuo che è la vita. Nell'Accadema lo scopo dei docenti era di rafforzare i discenti nel porre problemi, nello sviluppare linee di pensiero e avanzare critiche. Oggi diremmo che i docenti erano considerati dei facilitatori, il cui scopo non era inculcare nozioni ma accompagnare i discepoli lungo le vie del pensiero critico, a partire dalle argomentazioni e inclinazioni degli stessi discepoli.
Il principio alla base dell'Accademia di Platone per cui: "l'individuo libero non deve essere forzato, come uno schiavo, ad apprendere disciplina alcuna" è totalmente in contrapposizione con quello del monastero (e della scuola odierna), il cui spirito è rappresentato dalla regola monastica di Benedetto: "Parlare e insegnare spetta al maestro, tacere e ascoltare si addice al discepolo".
Oggi, infatti, le nostre scuole assomigliano più a dei monasteri che all'Accademia di Platone.
Il grande merito di questo modello è che stimola la cooperazione diretta tra gli individui piuttosto che la competizione. E questo genera grandi risultati.
Per questo abbiamo creato la Scuola Open Source.
Per questo vi invitiamo ad iscrivervi ai nostri 3 laboratori, in cui co-progetteremo la scuola stessa.
→ Tutte le info e il form di iscrizione (gratuita) online è qui.
→ Il report delle attività svolte durante il laboratorio è online qui.