L a S c u o l a O p e n S o u r c e
S O S
didattica / x — @ La Scuola Open Source (Bari)
Tommaso Guariento — Ricercatore @ Università Sorbona di Parigi
Tommaso Guariento
Ricercatore / Università Sorbona di Parigi
Tommaso Guariento (Padova 1985) ha studiato filosofia contemporanea presso l’Università degli Studi di Padova e a Paris 1 - Pantheon Sorbonne. È dottore di ricerca in Studi Culturali Europei presso l’Università di Palermo. Ha svolto attività di ricerca nel campo dell’antropologia francese contemporanea presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales sotto la guida del professor Carlo Severi. Ha scritto vari articoli e collaborato a collettanee nel campo dei visual studies, della filosofia e dell’antropologia contemporanea. Scrive per varie riviste on-line fra cui Prismo, Effimera, L’indiscreto, Il Lavoro Culturale. I suoi principali interessi sono la filosofia e l’antropologia francese contemporanea, i visual studies, la semiotica e l’analisi dell’immaginario del presente. In particolare, le sue ricerche più recenti riguardano i rapporti che gli studi etnografici intrattengono con la filosofia contemporanea (il dibattito intorno all’ontological turn ed allo speculative realism), lo studio delle mitologie del presente attraverso gli strumenti dell’antropologia cognitiva e culturale, e la filosofia politica post-operaista ed accelerazionista. Fra le sue ultime pubblicazioni, menzioniamo: Macchina gnostica, macchina orfica: decostruzione e montaggio delle ideologie (Tricontre, 2015) e Le rovine del tempo. Catastrofi, previsione, Singolarità e Realismo Speculativo: dalla crisi dell’immaginario all’immaginario della crisi (Lo Sguardo, 2016).
I visual studies sono una disciplina che nasce negli anni ‘80/’90 in ambito anglosassone come un sottoinsieme dei cultural studies. Si tratta di una materia che contesta l’approccio estetico e formalistico della storia dell’arte per concentrarsi sui contenuti iconografici ed iconologici delle opere analizzate. Da notare che oggi è disponibile in italiano una delle migliori introduzioni al tema (Andrea Pinotti, Antonio Somaini, Cultura visuale : immagini, sguardi, media, dispositivi, Torino, Einaudi, 2016). I visual studies, inoltre, costituiscono un metodo per analizzare il campo dell’immaginario in tutte le sue forme (non solo in quelle propriamente ‘artistiche’ quindi, ma anche cinematografiche, pubblicitarie, scientifiche, etnografiche, informatiche, etc.). Si tratta di un metodo di studio della funzione e della migrazione delle immagini che ben si adatta ad un progetto interdisciplinare orientato al design, com’è la scuola open source.
Competenze in materia di comunicazione, filosofia, linguistica e antropologia.
Si tratterà di sviluppare un’introduzione ai contenuti generali dei Visual Studies attraverso una scansione in quattro fasi: Riconoscimento (3+3), Migrazione (3+3), Iconoclash/guerra delle immagini (3+3), Memetica/digital humanities (3+3) per una durata totale di 24 ore.
Nella prima parte delle lezioni (3x3 ore) si tratterà la questione del metodo iconografico, ovvero: come si scompone un immagine in unità discrete (persone, oggetti, movimenti, simboli, etc.)? In questa parte può essere utile fare riferimento ad un manuale di semiotica visiva (es. Piero. Polidoro, Che cos’è la semiotica visiva, Roma, Carocci, 2008) o ad un’introduzione metodologica all’iconografia (es. Roelof van. Straten, Introduzione all’iconografia, Roberto Cassanelli (a cura di) , Milano, Jaca book, 2009). Potrebbe andare bene anche un’introduzione più semplice, come John Berger, Modi di vedere, Torino, Bollati Boringhieri, 2004. Si tratterebbe di spiegare in che cosa consiste l’approccio iconografico all’immagine, e come sia possibile suddividere un testo visivo in elementi codificati, riconducibili ad un progetto autoriale o ad un’isotopia significativa. Si potrebbe poi spiegare come questo approccio, nato in modo specifico nella storia dell’arte novecentesca, possa essere usato per decifrare tipi di contenuti eterogeni (come pubblicità, film, serie, fumetti, meme).
Nella seconda parte si potrà iniziare a parlare della migrazione delle immagini. Qui si tratterà di rispondere alla domanda: come si muovono le raffigurazioni simboliche (le ‘Pathosformel’ di Warburg) all’interno di una cornice diacronica? Avendo acquisito nella prima parte i rudimenti per comprendere che è possibile scomporre un testo visivo in unità di significato interconnesse, nella seconda parte si cercherà di mostrare come queste unità non siano statiche ma dinamiche, perché si spostano costantemente nell’ambito della storia e della geografia. Il modo migliore per spiegare come funziona il riconoscimento della migrazione delle immagini è attraverso l’analogia con il metodo abduttivo del detective (il classico Carlo Ginzburg, Miti, emblemi e spie. Morfologia e storia, Einaudi, 2000, ma anche il progetto di W.J.T Mitchell, Method, Madness, Montage). In questa parte del corso potrebbe essere interessante far riferimento a materiale narrativo/visivo preso da film o serie tv (ad esempio il metodo di ricostruzione delle tracce in True Detective)
Nella terza parte si analizzerà l’aspetto conflittuale del campo iconico. Non solo le immagini sono scomponibili in unità che possono trasformarsi e variare nel corso del tempo, ma sono anche costantemente contrapposte l’una all’altra all’interno di una guerra strategica per conquistarsi uno spazio di visibilità. Qui ci si può spostare sugli studi di antropologia visiva (Carlo Severi, Il percorso e la voce : un’antropologia della memoria, Torino, Einaudi, 2004; Serge. Gruzinski, La guerra delle immagini : da Cristoforo Colombo a Blade Runner, Milano, Sugarco, 1990) ed alla tematica dell’Iconoclash di Bruno Latour (Bruno Latour, Peter Weibel (a cura di), Iconoclash, Karlsruhe ;London, ZKM, 2002). Questo passaggio permette di comprendere che le immagini non sono delle unità archetipiche che permangono immutate nella storia della cultura ma si influenzano, si polarizzano, si ibridano, si dividono, etc. per effetto di dinamiche sociali, economiche e politiche.
Nell’ultima parte si potrà vedere come le competenze apprese nelle prime tre si possano applicare alla sfera dell’interazione delle immagini nei new media. Qui la questione è aperta. Si può parlare di memetica, in senso genealogico – e quindi mostrando le sue origini nell’antropologia cognitiva (Limor Shifman, Memes in digital culture, 2014; Dan Sperber, Il contagio delle idee : teoria naturalistica della cultura, Milano, Feltrinelli, 1999). Ma si può parlare anche di digital humanities e dell’uso dei big data (studio filogenetico della diffusione delle idee) e di neuroscienze (supernormal stimuli, neuroni a specchio) (ad es. Vilayanur S. Ramachandran, Che cosa sappiamo della mente, Milano, Mondadori, 2006). Un approccio naturalistico, filogenetico ed algoritmico al problema della diffusione delle immagini altera completamente le possibilità e gli esiti della ricerca iconografica e della metodologia dei visual studies e fornisce nuovi strumenti per la comprensione di fenomeni che fino a pochi anni fa erano completamente oscuri. Si potrebbe concludere con una comparazione fra il progetto dell’Atlante delle immagini di Warburg (http://www.engramma.it/eOS2/atlante/) agli esperimenti di Google arts & Culture (https://artsexperiments.withgoogle.com/).
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